Altalenando tra i colori e le zone in cui abbiamo vissuto in questo anno di pandemia, tutti i nostri bambini hanno frequentato la scuola digitale. In prima istanza, erano tutti d’accordo per la grande opportunità creata dal MIUR, a tutela della salute di bambini e famiglie.

Poi i contro si sono fatti varco tra i pro.

Vero è che si è potuti restare in contatto e non perdere il diritto allo studio, vero è che con la DAD si guadagna tempo, vero è che è stata oltremodo vantaggiosa per tutti quei bambini che in presenza restavano nascosti a causa di caratteri poco ambiziosi o introspettivi, vero è che l’industria multimediale ha creato facilitatori, tools e centinaia di modalità per rendere le lezioni accattivanti.

Vero è che dietro al tutto ci sono le persone: dirigenti, docenti, genitori, bambini.  E le persone hanno le loro opinioni e ognuno a modo suo il cambiamento lo ha vissuto come mancanza di libertà, ma anche ‘invasione’ di ruoli dai genitori nella scuola, dalla scuola nelle famiglie.

La scuola nelle famiglie

la scuola è un’istituzione, statica, ancora antica, ma resta un’istituzione e così si è posta anche in pandemia. Orari, discipline, materiali, metodi e mezzi sono stati decisi dalla scuola e arrivati nei salotti delle case. Lo smarrimento iniziale di entrare nelle case dei propri alunni è stato forte per il sistema scuola, per i docenti. Hanno avuto modo di conoscere ‘realtà’ che magari pensavano diverse, dovuto ricredersi su una famiglia, piuttosto che su altre. Sono crollati muri enormi. La casa è diventata scuola e viceversa.

La presa di coscienza da parte della scuola delle varie realtà e difficoltà, avrebbe dovuto aprirsi in un abbraccio verso i bambini che descrivevano, nel passato, le loro case in modo diverso da come sono, avrebbe dovuto rimodularsi in cammini pedagogici-didattici meno incentrati sui prodotti, ma su processi più lenti, inclusivi, nuovi davvero. Era un’occasione unica.

Invece in una percentuale molto alta si è manifestato in giudizi, in chiusura, in aumento di nozioni e compiti.

In altri casi si è assistito a vere e proprie performances di docenti che hanno presentato, spiegato, messo a punto concetti e lezioni con procedimento talmente magistrale che mai avrebbero fatto in tempi di frequenza scolastica.

 

Hanno fatto lezione per i genitori e i bambini hanno subìto il peso di una noia senza fine, in alcuni casi è diventata storia di abbandoni scolastici. Si narrano ad oggi poche esperienze di collaborazione vera tra docenti e famiglie.

Ho chiesto ad una collega della scuola primaria quale sia stato il problema che più spesso è emerso in questo periodo di distanza forzata.

Mi ha risposto: “Il problema non è legato alla logistica e all’organizzazione, che pure abbiamo dovuto imparare, ma dalla paura dei genitori, dal loro continuo monitorare e controllare, come se improvvisamente le nostre abilità e competenze fossero svanite nel nulla. Anche la critica inutile su orari e tempi non è stata facile da gestire. Noi docenti per tutta la durata della seconda ondata di contagi, siamo andate a scuola a fare lezione e purtroppo non potevamo adattarci alle esigenze di ogni singola famiglia. Ti dico la verità, mi mancano terribilmente i miei bambini perché penso che la scuola non è un problema, la scuola è fonte di gioia e di sapere, vorrei che molti genitori lo ricordassero

Le famiglie a scuola

Le famiglie hanno ‘acceso’ la scuola e sono entrate. Con grande sorpresa hanno scoperto quante cose fanno i loro bambini, senza neanche lamentarsi troppo, in tempi normali.

L'autonomia dei bambini

Ma le famiglie si sono anche rese conto di quanto devono lavorare sull’autonomia dei propri bambini. Questo è stato il tasto dolente.

Perché si sono resi conto che i bambini non sempre sono capaci di fare da soli. E comunque hanno continuato anche dopo essersene resi conto a sostituirsi o addirittura intromettersi nelle attività svolte dalla scuola.

Questo a mio avviso il motivo per cui i genitori si sono lamentati tanto nella seconda ondata di chiusure. Ed è lo stesso motivo per cui il web è stato inondato di vignette che evidenziavano l’esaurimento di genitori, zii, nonni e chi più ne ha più ne metta.

La riflessione spontanea che mi arriva è: se i bambini sono capaci di manovrare dispositivi per giocare, perché non dovrebbero essere capaci per partecipare ad una video lezione o per scaricare i compiti assegnati?

Perché la discussione continua su WhatsApp per tutto il pomeriggio tra mamme?
Perché i compiti sono un affare di Stato?
Quando i bambini dovrebbero cominciare a far da sé?

L’ho chiesto direttamente ad alcune mamme che conosco e mi hanno risposto:

La scuola non ha dato indicazioni precise di come dovevamo fare, ti pare che lasciavo mio figlio da solo davanti ad un computer? “

Oppure: “Essere presenti in questo momento così delicato, mi sembrava fosse il minimo per dare sicurezza a mia figlia e mostrare alle maestre, quanto ci tengo!”

Per la questione compiti e WhatsApp: “Se mia figlia non ha capito chi la deve aiutare? Non mi pesa parlare con le mamme e condividere i problemi

Credo sia difficile che i bambini non abbiano compreso un compito e credo sia bello che le mamme parlino tra loro, ma perché dire bugie e addossare colpe ai bambini che non ne hanno?

Questo mistero dell’incomprensione del significato di “accompagnare nella crescita” andrebbe spiegato meglio. 

Chi ha pagato per questa confusione?

I bambini.

Perché?

Sempre per lo stesso motivo, che già mi conoscete denunciare nella rubrica che curo su questo splendido portale.

Esiste tra scuola e famiglia una trincea aperta che non dipende dalla DAD, ma da una confusione di ruoli vecchia di generazioni.  Per leggere la mia opinione su questo punto uscirà a breve un libro dedicato all’argomento

Qui nascono altre due domande.

 La prima: la scuola è stata capace di ‘somministrare’ le lezioni in modo che tutti i bambini fossero capaci di seguire e includendo tutti?

Ha attivato la suddivisione per gruppi in base alle competenze diminuendo il tempo di collegamento (che è diverso da quello in presenza)?

La seconda: i genitori si sono fidati dei propri figli o sono stati presi da ansia da prestazione, non accettando errori o fallimenti?

Non è facile organizzare le lezioni in modo personalizzato, dividendo, tempi, compiti e organizzando lezioni diversificate. I docenti, nella maggior parte dei casi, ce l’hanno messa tutta, ma per quindici minuti di lezione ci vogliono circa tre ore di preparazione. In tutto questo nessun insegnante è stato esente dalla parte burocratica, già pesante prima, quadruplicata oggi.

I genitori hanno pensato di fare del loro meglio, non lasciando da soli i bambini, cercando di condividere una realtà nuova con scenari mai conosciuti, senza pensare a troppi ma o troppi se. Andava fatta la DAD e si è fatta.

I bambini nella loro grande capacità plastica si sono adattati a tutti. Cercando di sforzarsi e dare il massimo a scuola ed evitando di mostrare ai genitori quanto pesante è il loro fardello. Ciò nonostante i bambini hanno potuto assaporare una sensazione sconosciuta e nuova: la famiglia e la casa. Ognuno con la sua. Con le situazioni normali o quelle pesanti di famiglie in difficoltà.

 

Claudia GattellaHo chiesto ad alcuni bambini della scuola primaria di esprimere la propria opinione e il mio cuore si è riempito di tenerezza e fiducia, forse gli adulti non sono ancora riusciti ad imbruttire il futuro totalmente. Vi elenco alcune delle risposte che hanno dato quando ho chiesto cosa ne pensavano della DAD.

Marco frequenta la terza elementare e dice “Certe volte ci sono un po’ troppi compiti e le maestre si arrabbiano con i computer e i microfoni. Almeno si arrabbiano di meno con noi, perché mamma le sente

Gioia una bambina con la pelle trasparente e le treccine bionde mi dice “non è difficile la DAD e poi sento il profumo di minestrone che prepara mamma, mi sembra tutto strano, prima quando tornavo da scuola passavamo da McDonald a prendere il pranzo

Marika fa la prima e dice “non conosco tutti i miei compagni di classe benissimo, le prime volte mi vergognavo, ma poi la maestra ci ha fatto fare dei giochi e ora mi sento più tranquilla.
Mamma mi ha aiutata perché io non le conoscevo le lettere e quando la maestra ce lo spiegava non avevo capito bene”

Roberto di quinta “a casa parlano solo di scuola e la giornata non finisce mai. Mi mancano i miei amici e pure copiare dal quaderno di Maria. Adesso devo studiare tutto e sempre. Mia madre strilla, mio padre sbuffa, la maestra si lamenta… non è molto bello. Non so cosa dire

Prisca di seconda elementare, dice “mi manca parlare con le mie amiche, giocare a ricreazione, fare gli scherzi. Mi dà fastidio che mia madre mi controlla tutto e devo sempre stare immobile quando siamo collegati. Anche a scuola stavamo seduti, ma potevamo girare gli occhi e andare a temperare insieme le matite, là parlavamo un po'”

Carloa mamma non piace la DAD, a me sì. Ma non riesco a farglielo capire. Lei vuole per forza studiare con me, io le dico che non c’è bisogno, ma lei non se ne va. Poi chiama zia e dice che non ne può più”

Giovanni, quarta elementare “mi mancava sempre mia madre a scuola da quando ero piccolo, perché lei lavora di pomeriggio e mi dava fastidio andare a scuola, piangevo tutti i giorni nel bussetto. A me la DAD piace moltissimo, tanto agli amici faccio la videochiamata oppure giochiamo alla Play ognuno da casa sua

 

I bambini hanno bisogno di poche cose: esserci per loro, essere con loro, permettergli di esistere come individui.

Per la DAD, ma anche per la vita reale, invito a lasciare che se la cavino da soli nella soluzione dei problemi, intervenite solo se ve lo chiedono espressamente, non controllate ogni loro passo o parola, perché provocherete una incapacità decisionale e ucciderete la curiosità che è il motore di ogni nuova conoscenza. Lasciateli liberi, anche di sbagliare da soli.

Disegno fatto da bambini sulla Terra

La DAD che adesso si chiama DDI (Didattica Distanza Integrata) o nella scuola dell’infanzia LEAD (Legami educativi a distanza) non è il problema, il problema sono le chiusure che adottano la scuola e le famiglie.

Le chiusure quelle vere e invalicabili, la scuola e la famiglia devono essere legate e non spaventarsi l’un l’altra, la collaborazione e il riconoscimento degli importanti ruoli che ciascuna istituzione riveste nella vita e nella crescita dei bambini è l’unica distanza da colmare.

Per il resto tornerà tutto normale: le aule torneranno a vociare e le case a silenziarsi.

Sempre dalla parte dei bambini,

Claudia Gattella

Ritratto di Claudia Gattella

Posted by Claudia Gattella

Mamma di Ilaria. Si occupa di educazione e formazione da oltre vent’anni: docente di scuola dell’infanzia, consulente pedagogica e formatrice docenti. Scrive per varie case editrici e riviste di didattica per la scuola dell’infanzia. Ama portare avanti l’idea che il mondo si scopra esplorando la realtà con ogni senso e in ogni senso: sostiene che i bambini siano maestri in questo.

Ha pubblicato: “Piccola Peste” guida didattica per la scuola dell’infanzia, con Mirò Editori , “INPUT Infanzia” e #lamiascuola, con Edizioni ELI , “Distrabella e il draghetto Rossello” con Caravaggio.
Partecipa inoltre attivamente alla stesura di progetti per la rivista “Progetto Tre-Sei Gulliver” di Edizioni Didattiche Gulliver.

Ha ottenuto il Copyright del format Abitare la scuola© che promuove un cambiamento della scuola volto ad eliminare trincee  e competizioni nei diversi ruoli educativi (genitori–docenti, bambini-docenti, ecc…) di cui troppo spesso leggiamo.

Segui Abitare la scuola su Instagram