Nasrin Sotoudeh : difendere e proteggere davvero Nasrin e tutte le altre e gli altri. Mediterranea propone una riflessione.

“La condanna di Nasrin Sotoudeh a 38 anni di carcere e a 148 frustate è crudelissima e arcaica”, ha detto Emma Bonino. Le nuove condanne che sono state inflitte alla coraggiosa avvocata iraniana che difende i diritti umani riguardano tutti. Negli anni la sua attività in difesa dei diritti, in particolare di quelli delle donne iraniane, l’ha resa nota fuori dal suo Paese, molti media le hanno dedicato spazio soprattutto quando nelle piazze di Teheran ha difeso le ragazze che si sono mostrate a testa scoperta per protestare contro l’obbligo dell’uso del velo, e quando lei stessa si è presentata senza velo davanti ai giudici. La sua attività e la complessità del suo impegno è molto più articolata e impegnativa, tocca alcuni dei nodi del sistema teocratico e oscurantista iraniano.

Dall’11 marzo, giorno in cui è stata pronunciata la condanna, dall’Iran arrivano notizie diverse, alcune in contraddizione tra loro e anche questo documenta la difficoltà di accedere ad una corretta documentazione sull’operato dei tribunali iraniani, di quello che sta avvenendo realmente e quindi di mirare in maniera efficace una campagna di mobilitazione per la vita e la libertà di Nasrin, campagna che deve essere condotta a più livelli e con diversi strumenti in Italia e in Europa. Non serve “abbaiare su twitter” con interventi qualunquistici e francamente imbarazzanti quando provengono da ambienti ministeriali e/o governativi, come è avvenuto in questi giorni.

Proponiamo un’altra strada, un altro atteggiamento da condividere in primo luogo tra le donne e le nostre organizzazioni, “proponiamo di adottare il più faticoso e meno demagogico metodo dell’analisi e della sintesi in soluzioni politiche”, perché questo può salvare vite, liberare prigionieri, smascherare tribunali, dare a ciascuno un ruolo e un peso nell’impegno internazionale per i diritti e le libertà, in tutto il mondo.

Condividiamo le riflessioni (che crediamo vadano in questo senso) della giornalista esperta di Iran e Medio Oriente Luciana Borsatti, pubblicate sul suo blog il 17 marzo scorso e ne riportiamo alcune parti.

L'Italia, come l'Europa di Federica Mogherini, deve continuare a fare pressione sul sistema iraniano per difendere i diritti umani; serve una mobilitazione più ampia per la sua liberazione. Tenendo tuttavia presente che - obbietta chi scrive - se veramente si ha a cuore il caso di Nasrin Sotoudeh, certe mobilitazioni troppo "gridate" potrebbero avere anche effetti controproducenti, inducendo la parte iraniana ad ulteriori chiusure”.

Ma è condivisibile il pensiero di Emma Bonino soprattutto quando colloca il caso Iran (che ormai troppe campagne mediatiche ci hanno abituato ad isolare, funzionalmente a strategie ostili e di "massima pressione" come quella dei falchi della Casa Bianca) in un contesto geopolitico più ampio: l'Egitto dove è stato torturato e ucciso Giulio Regeni; la Libia dove rimandiamo indietro le donne migranti pur sapendo che sono state violentate e ancora lo saranno; l'Arabia Saudita non solo del caso Khashoggi ma anche delle attiviste in carcere da mesi e che sono nei giorni scorsi comparse per la prima volta comparse di fronte ad un tribunale, speciale.

Tre Paesi su tanti con cui l'Italia mantiene rapporti economici e politici, chiudendo però un occhio proprio sul tema dei diritti umani – a meno che certi casi singoli, che più facilmente diventano bandiera, non diventino troppo macroscopici per non farlo. Ma inserire il caso Sotoudeh in un contesto internazionale più ampio non significa limitarsi a lamentare ritualmente un 'doppio standard' e poi lasciare tutto come sta. Deve anzi servire a comprendere la complessità dei singoli contesti nazionali e, tenendo ben ferma la necessità che l'Europa eserciti sui suoi Paesi partner una pressione perché questi garantiscano il rispetto dei diritti umani, trovare gli approcci più efficaci.

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Torniamo all'Iran. Qualcuno – come lo stesso Amiri-Moghaddam (responsabile in Norvegia del sito Iran Human Rights) - ritiene che ogni tavolo negoziale non possa lasciare in ombra la questione dei diritti umani, e che l'Europa non debba continuare alcun dialogo prima che si risolvano i casi delle/degli attiviste/i in carcere e in particolare quello di Nasrin Sotoudeh.

Ma le leve rimaste in mano all'Europa per fare pressione su Teheran sono ormai realisticamente poche. Dopo due anni di politiche minacciose e offensive contro l'Iran da parte del presidente Trump, che ha tradito l'accordo sul nucleare del 2015 e ucciso negli iraniani le speranze di un'apertura politica al mondo e di maggiore benessere.

In tale contesto l'Europa – essa stessa sotto la minaccia delle sanzioni extraterritoriali Usa - è finalmente riuscita a istituire un proprio canale finanziario per permettere ai suoi imprenditori di continuare a lavorare con l'Iran. Parliamo di Instex, partorito molto tardi nel consesso europeo e ancora ben lontano dall'essere operativo (benché vi sia stata una riunione tecnica a Teheran con i rappresentati di Gran Bretagna, Francia e Germania proprio nei giorni scorsi).

Nel frattempo, nel corso di mesi di reiterate promesse e pochi fatti da parte di Bruxelles, il governo Rouhani è stato lasciato solo a rispondere ai propri oppositori ultraconservatori, dovendo così anche adattarsi ai mutati rapporti di forza. Quegli stessi ultraconservatori che si erano sempre opposti al negoziato sul nucleare in quanto accordo per aprire l'Iran al mondo, che guardano con più simpatia al carismatico comandante dei Pasdaran Qassem Soleimani (di recente premiato con una alta onorificenza militare) che non all'abile ministro degli Esteri Javad Zarif (non a caso appena uscito dalla crisi delle dimissioni annunciate e poi ritirate).

E fra i quali molti vedono più occasioni per arricchirsi in un regime di sanzioni e di lucrosi espedienti per aggirarle, piuttosto che in quell'ambiente finanziario più trasparente che anche l'Europa chiede all'Iran per rilanciare scambi e investimenti. Sono quegli stessi ultraconservatori che hanno certo festeggiato la doppia nomina, a  capo della magistratura e a vicepresidente dell'Assemblea degli Esperti, del "falco" Ebrahim Raisi, già candidato presidente nel 2013 contro Rouhani e di cui si parla come possibile successore di Ali Khamenei nella carica di Guida suprema, il vero arbitro della politica nella Repubblica Islamica.

Nomine che forse non a caso coincidono – come l'invito a Nasrin Sotoudeh da parte del presidente francese Macron a far parte dell'organo consultivo del G7 sulle questioni di genere - proprio con le ultime condanne nei confronti della professionista. Dobbiamo forse pensare a queste condanne come ad un ennesimo attacco dall'interno contro un governo che si dichiara moderato – benché per alcuni osservatori in costante calo di consensi interni - e nelle cui file probabilmente non si esulta per un caso che rende ancora più difficili i rapporti con l'Europa? E se davvero è così, dovremmo forse abboccare all'amo lasciandoci travolgere dalla giusta indignazione per le condanne a Sotoudeh, eaprendo sempre di più questo solco?

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Foto di Nasrin Sotoudeh Nasrin Sotoudeh è una donna mite e minuta, ma sempre forte e determinata anche nei momenti più duri. Come quando, nell'aprile del 2015, la corrispondente dell'Ansa l'aveva intervistata mentre sedeva come ogni giorno davanti alla sede dell'Associazione degli avvocati, per rivendicare il suo diritto – dopo la prima detenzione - a riprendere la sua professione di avvocato. Si era alla vigilia dello storico accordo sul nucleare, cui lei dava il benvenuto, ma senza credere che avrebbe "miracolosamente" portato con sé un miglioramento sul piano dei diritti umani.

Infatti, gli accordi internazionali non bastano. Ma non aiuta nemmeno il romperli per far ripiombare l'Iran nell'isolamento, dove la repressione e la negazione dei diritti sarebbe ancora più facile. O irresponsabilmente inneggiare ad un "regime change" che sappiamo sarebbe manovrato dall'esterno - benché favorito da un diffuso malcontento interno - e da forze che si guardano bene dal chiarire come questo non sfoci ben presto nell'ennesimo bagno di sangue in Medio Oriente.

La straordinaria forza dell'Iran sta nella sua società civile, colta e pacifica, e nelle sue donne, consapevoli e determinate. La via maestra per aiutare entrambe sarebbe quella di sostenerle, ma senza indebite interferenze esterne e tanto meno senza avventuristici richiami al regime change. In Iran vi è ancora un governo che si dichiara moderato e continua a cercare, nonostante tutto, un rapporto con l'Europa e con l'Italia, da sempre interlocutore privilegiato di Teheran.

Invece di abbaiare su Twitter certi nostri politici, tanto più se con cariche di governo, provino a pensare a come rispondere a questi appelli che giungono dall'Iran, e anche a quelli della parte più sana della sua imprenditoria, e a come difendere nel contempo – magari con le discrete arti della diplomazia – Nasrin e tanti altri in carcere come lei.”

 

Mediterranea a cura carlapecis@tiscali.it

UDI - Unione Donne in Italia - Catania

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