Già entro il primo anno all’interno della propria famiglia il bambino fa esperienza di situazioni che gli suscitano diverse e molteplici emozioni e grazie all’interazione con i genitori ed altri componenti del nucleo famigliare progressivamente impara a viverle esprimendole in modalità non disfunzionali per sé o per gli altri.

Un’emozione inevitabile all’interno di una famiglia è la gelosia. Tale emozione complessa può essere provata sia nei confronti di una relazione che verso beni o oggetti amati, ed è caratterizzata dalla paura di essere privati del loro possesso o esclusività (D’Urso, 2013).

Ad esempio la gelosia provata dal bambino nei confronti del fratellino o della sorellina è molto frequente e indicativamente emerge verso i 15 mesi: tanti bambini vorrebbero essere considerati i più bravi ed essere i più amati dai genitori rispetto ai fratelli e la costante ricerca di amore e di approvazione da parte delle figure genitoriali può essere fonte di rivalità tra fratelli.
Faber e Mazlish (1988) affermano che questa gelosia nasce «Dal desiderio di ogni bambino di essere amato in modo esclusivo dai genitori».

Una situazione comune che può facilmente suscitare gelosia nel bambino è la nascita di un nuovo fratellino, soprattutto se il bambino è primogenito poiché per un certo periodo ha esperito l’esclusività del rapporto con le figure genitoriali.
Questa esclusività è infatti minacciata dall’ intrusione di un nuovo componente.

A tal proposito Leach (1987) propone  questo divertente paragone per far comprendere cosa prova un bambino all’annuncio dell’arrivo imminente di un nuovo fratello: « Solo per gioco, provate a immaginare vostro marito che torna a casa e vi dice che ha intenzione di prendere una seconda moglie, oltre a voi, e immaginate che dica le frasi che spesso usiamo per comunicare a un bambino l’arrivo di un fratellino: non penso che simili discorsi vi farebbero piacere, vero? Quando amiamo una persona la vorremmo tutta per noi. Il fatto che desideri qualcun’altro ci fa sentire esclusi e provoca gelosia».

Il bambino come potrebbe esprimere la sua gelosia?

Ogni bambino esprime la gelosia in modi differenti in relazione a molte variabili tra cui il carattere e l’età. Tale emozione può essere manifestata in modo diretto e facilmente riconoscibile da parte degli adulti oppure in modo indiretto, poiché il bambino potrebbe sentirsi in colpa di ciò che prova cercando di attuare delle strategie di difesa che mascherino la sua gelosia.
Nonostante le molteplici differenze individuali possono essere riportate alcune modalità frequenti con cui un bambino manifesta la sua gelosia, riportate anche in Scalisi (2002).

  • Una di queste è l’attuazione temporanea da parte del bambino di comportamenti regressivi, ossia comportamenti tipici di una fase già superata in precedenza, poiché tramite questi il bambino si identifica con il rivale più piccolo cercando di tornare ai momenti in cui mamma e papà amavano solo lui (es. fare pipì a letto, riutilizzare il ciuccio, voler tornare a dormire con mamma e papà, parlare e atteggiarsi in modo più infantile rispetto al solito).  
  • Un’altra frequente modalità che il bambino utilizza per esprimere il suo disagio è data da comportamenti che esprimono rabbia (es. urla, pianti, capricci, dispetti…). La rabbia infatti è espressione di moltissimi bisogni: in questo caso esprimendola il bambino denuncia come riesce che qualcosa non lo fa stare bene in relazione ad un cambiamento significativo nella sua vita. La rabbia è un’ emozione primaria adattiva e anch’essa come tutte le emozioni deve essere accolta con comprensione dai genitori.
  • Ulteriori modi in cui può manifestarsi la gelosia è l’aggressività verso la mamma (o anche verso entrambi i genitori), il voler stare con lei tutto il giorno e in ogni momento per paura di aver perso il suo amore o all’opposto l’ostilità verso la mamma (il bambino la ignora, non le vuole parlare).

 

Da ricordare che sebbene possa rappresentare una fonte di tensione per tutta la famiglia fare esperienza di tale emozione, quest’ultima rappresenta una risorsa naturale e fondamentale per lo sviluppo del bambino poiché lo guida verso una maggior consapevolezza delle proprie emozioni ed una maturazione a livello empatico e relazionale.

Provando gelosia il bambino comprende anche che gli interessi della mamma sono molti e che lui non è onnipotente e al centro del suo universo: questo riconoscimento è fondamentale per lo sviluppo della propria identità (Scalisi, 2002). Inoltre «Con un fratello o una sorella si impara a convivere con gli altri, riuscendo ad evolversi liberamente» (Brazelton, 1991).
 

I genitori come potrebbero supportare il proprio figlio?

Foto di mamma incinta con figlia

È consigliabile che il bambino sia preparato per tempo all’arrivo del nascituro, già durante la gravidanza: ad esempio mamma e papà potrebbero raccontargli delle storie sfogliando assieme i libri a riguardo adatti alla sue età, potrebbero farlo incontrare con un bambino nato da poco (cuginetto, figlio di un’amica…) per mostrargli come si comporta un neonato e di cosa ha bisogno; potrebbero coinvolgerlo comprando con lui i vestitini e gli accessori o abbellendo con disegni la stanza del fratellino in attività divertenti e condivise assieme che lascino al bambino ricordi felici anche a posteriori.

Nel periodo precedente e appena successivo alla nascita del fratello è importante riuscire a mantenere il più possibile i punti di riferimento del primogenito, cioè le sue abitudini: la storiella con la mamma prima di dormire, le coccole con il papà alla sera.

Le abitudini nell’infanzia permettono al bambino di avere delle certezze e di sentirsi sicuro, perciò se il bambino viene privato delle sue abitudini in concomitanza al nuovo evento potrebbe sentirsi  associando questa cosa spiacevole al nuovo fratellino.

Nello stesso periodo, e anche dopo il parto, è consigliabile non inserire altri nuovi grandi cambiamenti nella vita del bambino (come traslochi, inserimenti all’asilo) per non creargli eccessiva insicurezza e sforzo dovuto all’adattamento.

La gelosia non deve essere ignorata o repressa con rimproveri e punizioni; in quest’ultimo caso il bambino penserebbe che ciò che prova è sbagliato, che non deve provare quella emozione e potrebbe sentirsi in colpa o ritenersi un bambino “cattivo”.

Come diceva il famoso psicologo e psicoanalista Donald D. Winnicott (1993): «La gelosia è bella e salutare. Nasce dall’amore. Se i bambini fossero incapaci di amare, non sarebbero nemmeno gelosi».

Accettare ed accogliere con serenità questa emozione normale ed adattiva, dimostrando comprensione e affetto pur mantenendo determinate regole,  aiuterà il bambino ad elaborare il momento di disagio nel rispetto delle proprie emozioni e gli darà la possibilità di constatare che nonostante tutto non ha mai perso l’amore dei suoi genitori; ciò permetterà lo sviluppo di una grande sicurezza che influirà positivamente sulle sue relazioni future.

 

FONTI DI RIFERIMENTO:

  • Brazelton, T. (1991). Il primo legame, Frassinelli, Roma.
  • D’Urso, V. (2013). Psicologia della gelosia e dell’invidia, Carocci Editore, Roma.
  • Faber, A. e Mazlish, E. (1988). Bambini smettetela di litigare, Frassinelli, Milano.
  • Laniado, N. (2002). Bambini gelosi, Red Edizioni, Milano.
  • Laniado, N. (2008). Il grande libro del bambino, Rizzoli, Milano.
  • Leach, P. (1987). Il bambino dalla nascita ai sei anni, Mondadori, Milano.
  • Scalisi, R. (2002). La gelosia tra fratelli, Franco Angeli s.r.l., Milano.
  • Winnicot, D.W. (1993). Colloqui con i genitori, Raffaello Cortina, Milano.

Ritratto di Chiara Alberton

Posted by Chiara Alberton

Mi chiamo Chiara Alberton e sono una giovane psicologa residente in provincia di Treviso, Veneto. La mia passione per la psicologia è sempre stata presente fin da piccola e grazie agli studi universitari e ai numerosi tirocini effettuati presso centri specializzati e reparti ospedalieri ho potuto fare esperienza diretta con molte realtà differenti. Negli anni universitari ho scelto di approfondire soprattutto la psicologia cognitiva e la psicologia dell’età evolutiva, che riguarda i bambini e i giovani adulti. Conclusa l’università ho conseguito l’abilitazione per poter operare come operatrice di training autogeno somatico e  ho lavorato come tutor dell’apprendimento anche con bambini con DSA; tale esperienza mi ha condotta a perfezionarmi nella psicopatologia dell’apprendimento con un master universitario di II livello al fine di poter sostenere al meglio i bambini con difficoltà di apprendimento e le loro famiglie.

Contatti: chiaraalberton@yahoo.it

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