Il mio articolo sulla vaccinazione antimorbillosa e sui suoi possibili effetti a lungo termine (in particolare l'induzione di mutanti vaccinoresistenti) ha suscitato molto interesse.

Ho ricevuto numerose mail in cui si chiedevano chiarimenti.Una in particolare, inviatami dal Dott. Nicola Pomaro (CNR), è risultata estremamente stimolante ed acuta. Dato il possibile interesse generale sia delle sue domande che delle risposte da me fornite, qui di seguito renderò in forma di articolo il carteggio, sperando possa chiarire i più comuni dubbi che il mio articolo suscita. Ho avuto debita autorizzazione dal dott. Pomaro per la pubblicazione.

LA LETTERA
Egr. dottore, [...] ho letto con interesse i suoi articoli sulle vaccinazioni nel sito www.mammeonline.net.
[...]Le sue argomentazioni sembrano effettivamente convincenti, tuttavia mi suscitano qualche perplessità, in quanto
penso che i concetti che lei esprime dovrebbero essere scontati per qualunque virologo e quindi le vaccinazioni di massa non necessarie, per malattie non gravi, dovrebbero avere un coro di critiche. Rappresentano un costo e portano pochi benefici se non addirittura gravi rischi.
Ogni medico di coscienza dovrebbe opporsi. 
Sinceramente non posso pensare che intere categorie di medici si siano lasciati corrompere dall'industria farmaceutica, o che numerosi articoli su riviste di prestigio planetario siano del tutto ignorati dai responsabili della salute pubblica.

A parte questa perplessità di ordine generale, nel merito specifico osservo, premettendo che non ho particolari competenze
mediche:
- Il vaiolo è stato debellato: come mai quella malattia non ha eluso la vaccinazione con le mutazioni? Perchè non è un RNA virus? Ma i ceppi mutanti vi sono anche per i batteri (vedi resistenza agli antibiotici).
- Se veramente le vaccinazioni di massa facilitassero le mutazioni "maligne", lo stesso effetto si sarebbe dovuto osservare con il
miglioramento delle condizioni alimentari e sanitarie
. In altre parole qui da noi, anche senza le vaccinazioni, dovrebbero circolare ceppi virali più cattivi rispetto ai paese del terzo mondo, dato che qui gli organismi sono molto più resistenti. Non mi sembra che questo avvenga.

- Mi sembra più verosimile ipotizzare che forme di particolare virulenza ci siano sempre state, ma magari prima venivano considerate complicanze della normale e diffusa forma virale mentre ora si notano di più.
In sintesi, mi sembra che vi siano elementi per ritenere le vaccinazioni meno efficaci di quanto si pensi, ma da questo a ritenerle dannose il passo è lungo e non del tutto convincente.

Fra parentesi, è interessante anche osservare che l'elevato tasso di mutazioni non è necessariamente e solo un punto di forza (e riporta un articolo nel quale un ricercatore, mediante l'uso in topi di 5-Fluorouracile, ha indotto tante e tali mutazioni nei virus da determinarne l'estinzione)

PRIMA RISPOSTA
Gentile Dott. Pomaro,
Lei mi scrive: "Le sue argomentazioni sembrano effettivamente convincenti, tuttavia mi suscitano qualche perplessità, in quanto penso che i concetti che lei esprime dovrebbero essere scontati per qualunque virologo e quindi le vaccinazioni di massa non necessarie, per malattie non gravi, dovrebbero avere un coro di critiche. Rappresentano un costo e portano pochi benefici se non addirittura gravi rischi. Ogni medico di coscienza dovrebbe opporsi.
Sinceramente non posso pensare che intere categorie di medici si siano lasciati corrompere dall'industria farmaceutica, o che numerosiarticoli su riviste di prestigio planetario siano del tutto ignorati dai responsabili della salute pubblica."

RISPONDO:
Le confesso che sono perplesso anch'io, esattamente come lei. Tutti i supporti bibliografici che ho riportato nei miei articoli sono scritti e pubblicati proprio da virologi o comunque da ricercatori nel settore infettivologico e rappresentano, se non proprio un "coro di critiche", quanto meno un tentativo di chiarire la realtà scientifica dimostrabile a fronte di protocolli stilati da altri a livello sovranazionale (OMS, AAP,
ecc.)
. Questo fenomeno, a mio modo di vedere, ha una sola spiegazione: esiste un gap (spero non incolmabile nel futuro)
tra la base (la ricerca pura e vera) e l'apice (i luoghi delle "decisioni"). I due poli non comunicano efficacemente.
Forse esistono "urgenze" che non consentono una meditazione dei dati abbastanza ponderata, oppure ci sono commissioni a cui
(incolpevolmente voglio sperare) arrivano solo dati parziali per il vaglio completo di un problema, oppure ancora le decisioni vengono prese considerando più pesanti le connotazioni politiche rispetto a quelle scientifiche stricto sensu.....questo è da capire.
Mi rifiuto di pensare alla superficialità o all'interesse come cause di quanto accade.

Meraviglia (sono d'accordo con lei) il fatto che "... numerosi articoli su riviste di prestigio planetario siano del tutto ignorati dai
responsabili della salute pubblica
.". Meraviglia e, un po', preoccupa.
Si tratta di dati veri che riguardano la salute (studiata) di persone vive, esseri umani, invalidati o deceduti o comunque interessati da patologie non certo minori. Se la statistica fosse meno invadente ed assolutistica, se ai numeri venissero associate persone e se la lettura "critica" (sia in senso affermativo che negativo) dei dati fosse applicata, con ogni probabilità le cose sarebbero differenti.

In merito ai "medici di coscienza" che dovrebbero opporsi: lei sa benissimo che, da qualche anno a questa parte, esiste una schematizzazione di tutti gli interventi medici (sia diagnostici che terapeutici che di prevenzione) attuata sotto forma di "protocolli" o "guidelines". Se da un lato questo omogeneizza i comportamenti medici a livello planetario (ciò che viene fatto in Italia corrisponde grossomodo a quello che si fa in USA o in UK o in Burkina Faso), dall'altro porta ad un impoverimento di due cose vitali nella ricerca: lo spirito critico e l'iniziativa personale.

Lei potrà dirmi "Siamo in democrazia ed ognuno può sollevare la sua voce contraria di fronte ad alcune evidenze o sospetti".
Non è sempre così ed anzi, starei per dire, non lo è quasi mai. In questo discorso, infatti, si innesta anche la responsabilità personale del medico nei confronti del paziente. I protocolli, infatti, sono gli strumenti con cui ora viene giudicata la correttezza degli interventi medici. Non continuo su questo argomento perché mi avrà già capito. Il medico è "tutelato" dai protocolli e seguirli gli comporta molti meno rischi professionali (oltre che meno "fatica" dal punto di vista del ragionamento medico).

Se quindi in una guideline è "consigliato" (non ho usato una parola a caso) ad esempio far vaccinare tutti, la conseguenza sarà che il medico (interessato in una determinata branca come può essere quella pediatrica) non farà altro che seguirla in modo pedissequo, dato che questo è ciò che lo protegge dal punto di vista medico legale. Insomma il medico adotta la politica del "Non capisco ma mi adeguo". Badi bene: non sto criticando la categoria medica che in moltissimi casi di "teste pensanti" (ma ricordi che le "non pensanti" ci sono in ogni categoria) è estremamente scontenta di questo andamento. La mia intenzione è di spiegare come
una burocratizzazione/schematizzazione eccessiva porti poi a delle conseguenze su vasta scala.

A proposito poi della sua notazione "non posso pensare che intere categorie di medici si siano lasciati corrompere dall'industria
farmaceutica
", le dirò qualcosa: il "comparaggio" è una piaga ed è inutile ignorarlo. Lo sappiamo dai giornali, dall'informazione tutta e chi minimamente frequenta congressi o conferenze o semplicemente riceve informatori farmaceutici sa che è un rischio che esiste. Il problema, però, potrebbe non essere a valle, quindi non solo nel medico che, soggetto ad una legislazione precisa, può essere scoperto e sanzionato pesantemente.
Il problema potrebbe essere a monte, con "pressioni inapparenti" su grandi o piccoli Istituti di ricerca (ad esempio incoraggiati a dire e pubblicare cose "a favore" e a tacere o ignorare quelle contro) oppure con metodi di persuasione a livello degli organismi che presiedono allo stilaggio dei protocolli di cui prima si parlava. Non dico cose nuove. Tanto è diffusa la pratica che, ad esempio (ed è la cosa più banale da potersi citare), da qualche tempo gli autori di articoli debbono dichiarare per iscritto se hanno conflitti di interesse con Case Farmaceutiche od industrie. Preferirei non dilungarmi su questo specifico tema che è estremamente delicato.
Ricordo però che finchè la ricerca sarà pagata dalle case farmaceutiche, dalle industrie (medicali, alimentari, ecc.) o da privati, i risultati (per quanto magari favorevoli) saranno sempre appesantiti dal sospetto di mancanza di obiettività (e penso che lei, ricercatore, non possa non condividere questo concetto).

Lei mi scrive: "Il vaiolo è stato debellato: come mai quella malattia non ha eluso la vaccinazione con le mutazioni? Perchè non è un RNA virus? Ma i ceppi mutanti vi sono anche per i batteri (vedi resistenza agli antibiotici)."

Rispondo dicendole che il virus del Vaiolo è un DNA virus ed è molto stabile dal punto di vista genetico come tutti i virus con lo stesso tipo di acido nucleico. L'RNA invece è per sua natura mutevole, dato che di norma funziona da "carta copiativa" del DNA e viene quindi perennemente sottoposto a riassemblamenti anche nelle cellule degli organismi superiori (al contrario del DNA che è una "matrice" per definizione e quindi, se muta, può portare ad alterazioni il più delle volte letali per l'organismo stesso). Le faccio un esempio piuttosto illustrativo: lei (ammettiamolo per pura fantasia) è un tipografo ed ha a disposizione un certo numero di caratteri mobili coi quali comporre e poi stampare un testo.

Se l'originale è un qualcosa di netto e stabilito (ad esempio La Divina Commedia... e guardi che l'esempio calza), esso rappresenta una matrice (un DNA) mentre i caratteri mobili saranno un RNA ... e dovranno per forza seguire un ordine preciso nella composizione e nell'assemblamento, che rispetti in modo assoluto la sequenza delle lettere e delle parole dell'originale.Ogni alterazione porterà ad una non perfetta leggibilità del testo originale o comunque apporterà modifiche di sostanza (mutazione più o meno letale sotto forma di refusi, alterazioni, cambiamenti di senso, ecc.).

Se lei viceversa NON HA un testo "tassativo" (un pesante DNA come La Divina Commedia) ma ha invece un testo di massima (RNA) in cui le danno solo un argomento ("Il tempo di oggi a Roma", tanto per fare un esempio) e poche parole/chiave ma per il resto è "libero", accadrà che se anche le parole che lei stamperà non saranno quelle del testo di massima, basterà semplicemente rispettare l'argomento e metterci dentro quelle poche parole/chiave per avere un risultato attendibile (il tempo di oggi a Roma può essere descritto in centomila modi se si lasciano ferme le parole Roma, pioggia, nuvole, freddo).

Spero che il paragone tra le conseguenze di una mutazione di un virus ad RNA e di quelle di un virus a DNA siano ora più chiare. Il paragone con l'antibioticoresistenza dei batteri non è possibile dato che questo fenomeno ha origini differenti: la mutazione avviene infatti a causa di un agente esogeno (un "veleno", visto dal punto d'osservazione del batterio) all'organismo infettato e non invece all'azione anticorpale ed immunitaria che invece è endogena. Voglio dire che sul batterio l'antibiotico magari non funziona ma il sistema immunitario certamente si. Nel virus invece la resistenza è al sistema immunitario. Come vede la cosa cambia nella sostanza e non solo nella forma.

Lei mi scrive: "Se veramente le vaccinazioni di massa facilitassero le mutazioni "maligne", lo stesso effetto si sarebbe dovuto osservare con il miglioramento delle condizioni alimentari e sanitarie. In altre parole qui da noi, anche senza le vaccinazioni, dovrebbero circolare ceppi virali più cattivi rispetto ai paese del terzo mondo, dato che qui gli organismi sono molto più resistenti. Non mi sembra che questo avvenga."

Rispondo ricordandole che un buono stato generale influisce non tanto sulla qualità della reazione (gli anticorpi sono sempre gli
stessi) ma prevalentemente sulla sua efficienza (maggiore prontezza nella risposta, maggior numero di anticorpi, maggiore capacità di conservare memoria immunitaria, minori probabilità che una risposta lenta permetta una diffusione rapida dell'infezione a tutto l'organismo, maggiore quantità di energia disponibile per combattere la malattia). Tutto questo non induce facilmente mutazioni dato che rimaniamo nel "naturale" e non sfociamo nell'artificiale/artificioso.

Lei mi scrive: "Mi sembra più verosimile ipotizzare che forme di particolare virulenza ci siano sempre state, ma magari prima venivano considerate complicanze della normale e diffusa forma virale mentre ora si notano di più."

Rispondo dicendole che ceppi morbillosi che attaccano direttamente il rene (come è documentato) o il sistema nervoso senza passare per la malattia canonica (e quindi non come complicanza ma come una variante vera di malattia), in precedenza non erano stati documentati. Il morbillo ha delle porte d'ingresso specifiche ben conosciute. Quando ne adopera altre che, a parità di virus morbilloso, usualmente non vengono adoperate è molto verosimile che l'agente si sia modificato. Inoltre: non si tratta soltanto e semplicemente di resistenza al sistema immunitario ma anche di svuotamento di "nicchie ecologiche" che vengono prontamente rioccupate da altre forme tendenti ad un comportamento analogo. Le faccio un esempio "batterico" (mi viene più facile): nel 2001 è stato segnalato che in una popolazione ad alto tasso di vaccinazione per l'emofilo dell'influenza di tipo B, hanno iniziato a manifestarsi numerosi casi di infezione molto virulenta da parte dell'emofilo di tipo A ("Cluster of virulent H.I. type A infection suggests emerging pathogen" Pediatrics 2001;108:e18). Cosa si suppone sia accaduto? La nicchia ecologica lasciata libera dal tipo B (per l'alto tasso di vaccinazione che ne ha determinato una sorta di drastico calo nella popolazione) è stata occupata dal tipo A (normalmente poco aggressivo) il quale, presumibilmente, ha acquisito (spontaneamente o mediante "shift" genico) le stesse caratteristiche del B. Qui parliamo di un batterio... si figuri cosa accade nei virus ad RNA.

Lei mi scrive: "In sintesi, mi sembra che vi siano elementi per ritenere le vaccinazioni meno efficaci di quanto si pensi, ma da questo a ritenerle dannose il passo è lungo e non del tutto convincente.

Rispondo dicendole che per rendere efficace una terapia o un programma preventivo occorre semplicemente misurarlo sull'effettiva pressione che la noxa esercita su una popolazione. Tutto è utile se ben usato. Io sono favorevolissimo alle vaccinazioni. Auspico solo che vengano usate con un criterio logico. Non a tutti servono e non per tutte le malattie..e a parità di malattia, non in tutte le situazioni sociali.
Da qui in poi sfocerei nel politico e non è cosa che mi piaccia fare.

Lei mi scrive: "Fra parentesi, è interessante anche osservare che l'elevato tasso di mutazioni non è necessariamente e solo un punto di forza (riportando l'esempio di un ricercatore che è riuscito a debellare un'infezione provocando farmacologicamente con 5-Fluorouracile tante e tali mutazioni nel virus causale da determinarne l'estinzione")

Le rispondo dicendole che l'eccesso di mutazione è una delle cause di estinzione più comuni nelle quasispecie che accompagnano ogni infezione. E' come se, nell'esempio del tipografo, invece di rispettare una grammatica si scrivessero parole o lettere a casaccio.
Il risultato lo getterebbe nel secchio perché illeggibile. Non è che si sia scoperta una cosa nuova: si è semplicemente cercato di
applicare al pratico una cosa vecchia. Certo: nei topi, sottoposti al 5-FU, ha funzionato. Nulla si è detto però delle condizioni dei topi dopo la terapia che li ha liberati dal virus. Ma forse lei non sa che il fluorouracile (versione fluorata dell'uracile che è una base azotata fondamentale costituente l'RNA) non induce alterazioni solo nel virus ma anche in tutte le cellule che contengano, sotto qualsiasi forma, anche solo un po' di RNA. Di norma viene usato come chemioterapico nei tumori del midollo (leucemie). Ora il fatto che io debba combattere un'infezione virale usando un agente mutageno come il 5-FU (che magari mi uccide di per se) mi sembra francamente esagerato.

REPLICA ALLA RISPOSTA
Gent. Dr. Tasca
la ringrazio per la lunga e dettagliata risposta... Riguardo le risposte sui miei quesiti specifici, le ho trovate molto chiare ed istruttive, come peraltro tutti i suoi scritti.
Mi permetto solo una osservazione relativa agli agenti mutageni: si trattava solo di un esempio relativo al fatto che esistono linee di ricerca interessanti sui farmaci antivirali. Per esempio mi risulta che esistono farmaci meno tossici del fluorouracile, come la ribavirina, che comunque agiscono in modo simile. Se le vaccinazioni contro certi virus risultano problematiche ciò non significa che rimarremo del tutto disarmati di fronte ad essi: questo era il concetto che volevo esprimere e che, se è d'accordo, forse andrebbe in qualche modo passato anche al pubblico, evitando che emergano solo gli aspetti negativi e preoccupanti della situazione attuale.

RISPOSTA ALLA REPLICA
Gentile Dott. Pomaro,
in merito alla sua eccezione sulla natura degli agenti mutageni le dirò che gli analoghi del 5-Fluorouracile agiscono in modo simile ma sono molto meno "efficaci" (se vogliamo dire così). Ha toccato l'argomento e le dirò ciò che penso. Le direttive di ricerca in materia di prevenzione di malattie come Morbillo, Rubeola, Parotite, Influenza, ecc. dovrebbero volgersi più al contesto socio-economico ed igienico-sanitario dei popoli che a
quello prettamente farmacologico. Qui non stiamo parlando di Epatite C o di Ebola o di HIV... non so se mi sono spiegato. Posso capire l'uso della ribavirina/interferone nella Panencefalite Sclerosante Subacuta o nelle encefaliti postinfettive... ma francamente stressare un organismo con ribavirina (o altri mutageni/antireplicativi) per un morbillo sapendo quali effetti collaterali determina è comunque sicuramente come sparare ad una mosca col cannone, tra l'altro senza certezza di colpirla (danni mostruosi sicuri e mosca ancora viva). Inoltre la ribavirina non funziona come preventivo ma solo ad infezione acquisita quindi può arrivare se, ad esempio, c'è una complicanza (nella PESS è stata sperimentata in associazione all'interferone). La vaccinazione è una cosa, la terapia antivirale un'altra. Se un vaccinato si ammala di morbillo vuol dire che il vaccino non ha avuto effetto... ma non è automatico passare all'antivirale: grazie al cielo le complicanze non sono così frequenti e, guarda caso, colpiscono (come nell'influenza dei polli) sempre gli stessi strati sociali e quasi sempre negli stessi Paesi del mondo.

Nella chiosa del mio articolo (nelle conclusioni in generale, comunque) non si evince certamente la negatività della vaccinazione in sé: si osserva semplicemente come una vaccinazione, di per sé potenzialmente efficace, possa venir vanificata nella sua azione da un cattivo
uso.

CONCLUSIONI
Come si è visto, le eccezioni poste dal dott. Pomaro danno voce a molti dubbi espressi in margine al mio articolo dal momento della sua pubblicazione. La speranza è che nelle risposte da me fornite come chiarimento sia presente un qualche elemento che possa rendere più fruibile il contenuto dell'articolo medesimo e possa eliminare (per quanto possibile) tutti i dubbi più salienti sulle teorie in esso espresse.

Nota: Articolo del dr. Dr. Stefano Tasca, Roma, Ottobre 2005
I libri del Dott. Tasca - Casa Editrice Mammeonline

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